In caso di cessazione del rapporto di locazione di un immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, di cui all'art. 27 della Legge n. 392/1978, non dovuta ad una risoluzione per inadempimento, o disdetta, o recesso del conduttore ovvero per una delle procedure previste dal Regio Decreto n. 267/1942 (Legge Fallimentare), l'art. 34 stabilisce che il conduttore ha diritto, per le attività industriali, commerciali, artigianali o di interesse turistico, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto (21 per le attività alberghiere).
L'art 35 stabilisce che la norma in questione non si applica in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali.
La norma è finalizzata a predeterminare il danno presunto che il conduttore subisce per la perdita della propria clientela, in conseguenza della cessazione del rapporto di locazione e ciò indipendentemente dall'esistenza di un danno concreto.
Infatti, la sentenza della Cassazione n. 14.461 del 2005 ha precisato che l'indennità per la perdita dell'avviamento non è subordinata alla perdita in concreto dell'avviamento o alla prova dell'effettivo danno cagionato al conduttore a causa del rilascio dell'immobile.
Il diritto all'indennità sorge quindi in capo al conduttore a seguito di disdetta del locatore, per il solo fatto di svolgere un'attività, prevista dal primo comma dell'art. 27, che sia a contatto diretto con il pubblico.
Mentre il combinato disposto degli art.li 27 e 29 sancisce la durata del contratto di un immobile diverso dall'abitazione in 6 anni (9 in caso di attività alberghiera o teatrale), limitando fortemente la facoltà del locatore di non rinnovare il contratto alla prima scadenza (ecco perché si parla di 6+6), l'art. 28 stabilisce che, per le attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico o professionale di lavoro autonomo, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (o nove).
Necessaria, pertanto, trascorsi i 12 (o 18) anni, la disdetta del locatore (o dell'inquilino, con perdita, in questo caso, del diritto all'indennità), in caso contrario, il contratto sarà da intendersi tacitamente rinnovato.
Un caso interessante di esclusione del diritto all'indennità è la risoluzione consensuale del contratto, come ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione S.U. n. 2.231 del 1995.
Altro caso di esclusione è rappresentato dalla morosità o da inadempimento contrattuale del conduttore, così come da cessazione dell'attività per effetto di sopraggiunto fallimento (Cass. n. 6.650 del 2002).
Il diritto del conduttore all'indennità è subordinato alle modalità dell'attività esercitata, che deve essere in concreto verificata dal giudice di merito (Cass. n. 4.273 del 1997).
E' stato altresì riconosciuto il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento ad un'impresa assicuratrice con contatti diretti con il pubblico (Cass. n. 6.876 del 2003), ad un broker di assicurazioni che svolgeva la sua attività in forma di impresa commerciale (Cass. S.U. n. 6.874 del 2003), ad una società di intermediazione immobiliare ( Cass. S.U. n. 2.646 del 1998).
Il secondo comma dell'art. 34, infine, dispone che, qualora l'immobile, entro un anno dalla cessazione della precedente, venga adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente, quest'ultimo avrà diritto ad un'ulteriore indennità, pari a quella percepita con il rilascio (18+18 o 21+21 mensilità).
Dovrà essere il giudice a stabilire se la nuova attività, oltre ad essere inclusa nella stessa tabella merceologica della precedente, sia ad essa affine (Cass. n. 4.225 del 1989).
L'art 35 stabilisce che la norma in questione non si applica in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali.
La norma è finalizzata a predeterminare il danno presunto che il conduttore subisce per la perdita della propria clientela, in conseguenza della cessazione del rapporto di locazione e ciò indipendentemente dall'esistenza di un danno concreto.
Infatti, la sentenza della Cassazione n. 14.461 del 2005 ha precisato che l'indennità per la perdita dell'avviamento non è subordinata alla perdita in concreto dell'avviamento o alla prova dell'effettivo danno cagionato al conduttore a causa del rilascio dell'immobile.
Il diritto all'indennità sorge quindi in capo al conduttore a seguito di disdetta del locatore, per il solo fatto di svolgere un'attività, prevista dal primo comma dell'art. 27, che sia a contatto diretto con il pubblico.
Mentre il combinato disposto degli art.li 27 e 29 sancisce la durata del contratto di un immobile diverso dall'abitazione in 6 anni (9 in caso di attività alberghiera o teatrale), limitando fortemente la facoltà del locatore di non rinnovare il contratto alla prima scadenza (ecco perché si parla di 6+6), l'art. 28 stabilisce che, per le attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico o professionale di lavoro autonomo, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (o nove).
Necessaria, pertanto, trascorsi i 12 (o 18) anni, la disdetta del locatore (o dell'inquilino, con perdita, in questo caso, del diritto all'indennità), in caso contrario, il contratto sarà da intendersi tacitamente rinnovato.
Un caso interessante di esclusione del diritto all'indennità è la risoluzione consensuale del contratto, come ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione S.U. n. 2.231 del 1995.
Altro caso di esclusione è rappresentato dalla morosità o da inadempimento contrattuale del conduttore, così come da cessazione dell'attività per effetto di sopraggiunto fallimento (Cass. n. 6.650 del 2002).
Il diritto del conduttore all'indennità è subordinato alle modalità dell'attività esercitata, che deve essere in concreto verificata dal giudice di merito (Cass. n. 4.273 del 1997).
E' stato altresì riconosciuto il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento ad un'impresa assicuratrice con contatti diretti con il pubblico (Cass. n. 6.876 del 2003), ad un broker di assicurazioni che svolgeva la sua attività in forma di impresa commerciale (Cass. S.U. n. 6.874 del 2003), ad una società di intermediazione immobiliare ( Cass. S.U. n. 2.646 del 1998).
Il secondo comma dell'art. 34, infine, dispone che, qualora l'immobile, entro un anno dalla cessazione della precedente, venga adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente, quest'ultimo avrà diritto ad un'ulteriore indennità, pari a quella percepita con il rilascio (18+18 o 21+21 mensilità).
Dovrà essere il giudice a stabilire se la nuova attività, oltre ad essere inclusa nella stessa tabella merceologica della precedente, sia ad essa affine (Cass. n. 4.225 del 1989).
Nel caso di immobile dato in locazione per essere destinato ad un'attività che secondo le sue modalità tipiche comporta contatto diretto con il pubblico (come quella di intermediazione immobiliare se rivolta a soddisfare le esigenze non di singoli soggetti direttamente contattati o di singoli altri operatori economici, ma della indistinta generalità degli interessati, raggiunti attraverso la diffusione di messaggi tipici per tale genere di attività, come inserzioni sui giornali, cartelli affissi all'esterno degli immobili da vendere, manifesti etc., pur nella mancata segnalazione della presenza, nell'immobile locato, della sede dell'azienda), qualora il locatore convenuto per il pagamento dell'indennità di avviamento non neghi l'effettivo svolgimento, nell'immobile, dell'attività contrattualmente prevista, la domanda del conduttore non può essere respinta sul rilievo della mancanza di prova del contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, per non essere stata dimostrata l'utilizzazione dei locali come fonte di procacciamento di clienti, non risultando apposti all'esterno dei locali stessi i consueti elementi di attrazione per il pubblico (quali insegne, vetrine etc.), trattandosi di circostanze di per sè non significative, che non possono costituire impedimento ad una prova per presunzioni della sussistenza di tali contatti, tratta, secondo un criterio di normalità, ed in assenza di contrari elementi di giudizio, dalla circostanza che essi sono connaturati ad una attività della quale è certo l'avvenuto svolgimento.
RispondiEliminaCass. civ., Sez. Unite, 10/03/1998, n. 2646