LA DESTINAZIONE DEL SOTTOTETTO NEL CONDOMINIO
L'art. 1117 del codice civile, nell'elencare le parti dell'edificio, oggetto di proprietà comune di tutti i condomini "se il contrario non risulta dal titolo", non cita il sottotetto.
Per stabilirne la proprietà bisogna fare riferimento innanzitutto al titolo d'acquisto dei condomini proprietari dell'ultimo piano; in difetto, si dovrà verificare se il regolamento di condominio ne fa menzione, prevedendo espressamente il sottotetto quale parte comune.
In mancanza di indicazioni, nel corso degli anni la giurisprudenza ha stabilito, in via unanime, alcuni principi di carattere generale che possono aiutare a dirimere eventuali controversie sorte in merito alla destinazione degli spazi che separano il tetto dall'unità immobiliare posta all'ultimo piano del fabbricato.
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione - Sesta Sezione Civile - n. 12840 del 23 luglio 2012 ha ribadito un principio ormai consolidato stabilendo che, per il sottotetto, "la presunzione di comunione ex. art. 1117 c.c. è applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato all'uso comune oppure all'esercizio di un servizio di interesse condominiale... (omissis)".
Tale disposizione si è uniformata all'orientamento assolutamente predominante della Corte di Cassazione che si è trovata, nel tempo, a dovere dirimere le dispute sorte tra i proprietari dell'ultimo piano ed i restanti condomini.
Infatti, moltissime sentenze concordemente stabiliscono che l'ambiente, ricavato sotto il tetto dell'edificio, in modo da formare una camera d'aria tra il tetto ed il solaio che copre i vani dell'ultimo piano, volto ad assolvere una funzione isolante e protettiva di questi vani, quando non risulti una diversa destinazione o non sia diversamente disposto dal titolo, costituisce una pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano (Cass. Civ. sez. II n. 5668/1988; Cass. Civ. sez. II n. 6640/1993).
Allo stesso tempo, la Suprema Corte ha stabilito che, nel caso in cui un sottotetto presenti dimensioni e caratteristiche strutturali tali da permetterne l'utilizzazione come vano autonomo e pertanto oggettivamente destinato, anche soltanto in via potenziale, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune, se ne dovrà presumere la sua appartenenza tra i beni condominiali (Cass. Civ. sez. II n. 2722/1987; Cass. Civ. sez. II n. 9788/1997).
Un caso specifico è stato previsto dalla sentenza della Suprema Corte n. 4509/1996, quando annovera tra i beni comuni il sottotetto dotato di una comunicazione diretta con il vano scale comune.
Un caso specifico è stato previsto dalla sentenza della Suprema Corte n. 4509/1996, quando annovera tra i beni comuni il sottotetto dotato di una comunicazione diretta con il vano scale comune.
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Una sentenza interessante:
RispondiEliminaIn tema di condominio, la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune. Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall'umidità, tramite la creazione di una camera d'aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo. (Rigetta, App. Milano, 23/02/2010)
Cass. civ., Sez. VI, 12/08/2011, n. 17249