ABROGATE LE NORME CONTRO GLI AFFITTI IN NERO
Con sentenza n. 50/2014, depositata il 14 marzo 2014, la
Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell’articolo 3, commi 8 e 9,
del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di
federalismo Fiscale Municipale). Si tratta delle note norme (vedi allegato) che
permettevano agli inquilini, nella sostanza, di denunciare alla Agenzia delle
Entrate affitti "in nero", ottenendo quale risultato un contratto di durata
quadriennale, con diritto ad un rinnovo di pari periodo, per un canone
determinato in base al triplo della rendita catastale. La casistica contemplata,
per quanto inerente i relativi presupposti, spaziava dalla semplice mancata
registrazione del contratto entro il termine stabilito dalla legge, alla
registrazione di un contratto riportante un importo inferiore a quello
effettivo, alla registrazione di un contratto di comodato fittizio.
Le norme in oggetto, in conseguenza di quanto sopra,
hanno perso qualsivoglia efficacia ad effetto immediato ed "ex tunc" e cioè con
l'estensione dell'inefficacia delle norme in oggetto ai giudizi ancora pendenti
al momento della pronuncia della Consulta, ad esclusione dei procedimenti decisi
con sentenza ormai passata in giudicato. I Giudici di svariati Tribunali,
investiti di cause tra proprietario e inquilino, avevano rimesso la questione
all'esame della Corte Costituzionale, rilevando nella legge delle incongruità in
merito alle conseguenze civilistiche (sostanzialmente il sorgere di un nuovo
contratto), derivanti dalla tardiva registrazione unilaterale da parte
dell'inquilino, senza intervento del giudice. Ciò anche con riferimento ai
principi espressi in precedenti pronunce della Consulta, sul punto che ad
inadempienze di carattere fiscale dovrebbero seguire sanzioni solo parimenti
fiscali e non conseguenze sui rapporti contrattuali tra le parti e sui diritti
dagli stessi derivanti.
La questione di merito non può però dirsi
completamente esaurita con la pronuncia della Corte, visto che l'illegittimità
costituzionale è stata dichiarata per "difetto di delega"; ciò sta a significare
che la Corte ha ritenuto che il governo, nel pronunciare a suo tempo il decreto
legislativo in oggetto, in quanto delegato dal Parlamento a legiferare in
materia fiscale, abbia ecceduto dalla delega introducendo le norme in oggetto,
che sono state in conseguenza di ciò dichiarate costituzionalmente
illegittime.
Ciò non esclude pertanto che sia pronunciato, a
disciplinare la materia, un futuro provvedimento legislativo che reintroduca
sanzioni, il tutto, auspicabilmente, tenendo però conto delle numerose criticità
evidenziate dai giudici di merito e dalla stessa corte
costituzionale.
Merita di essere notato e portato alla attenzione che la Corte Costituzionale, pur nell'ambito ristretto dell'esame della legittimità della delega, abbia introdotto in motivazione delle considerazioni di interesse anche per il merito (ai fini delle future produce legislative), evidenziando che "nella citata legge di delegazione si formula un preciso enunciato, formalmente e sostanzialmente evocabile quale principio e criterio direttivo generale, secondo il quale – nel richiamare (art. 2, comma 2, lettera c), «razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo complesso» (compresi, dunque, i profili di carattere sanzionatorio ed i “rimedi” tecnici tesi a portare ad emersione cespiti o redditi assoggettabili ad imposizione) – espressamente prescrive di procedere all’esercizio della delega nel «rispetto dei princípi sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212». Statuto che, a sua volta, come ricordato, prevede, all’art. 10, comma 3, ultimo periodo, che «Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto»: con l’ovvia conseguenza che, tanto più, la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non può legittimare (come sarebbe nella specie) addirittura una novazione – per factum principis – quanto a canone e a durata."
Merita di essere notato e portato alla attenzione che la Corte Costituzionale, pur nell'ambito ristretto dell'esame della legittimità della delega, abbia introdotto in motivazione delle considerazioni di interesse anche per il merito (ai fini delle future produce legislative), evidenziando che "nella citata legge di delegazione si formula un preciso enunciato, formalmente e sostanzialmente evocabile quale principio e criterio direttivo generale, secondo il quale – nel richiamare (art. 2, comma 2, lettera c), «razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo complesso» (compresi, dunque, i profili di carattere sanzionatorio ed i “rimedi” tecnici tesi a portare ad emersione cespiti o redditi assoggettabili ad imposizione) – espressamente prescrive di procedere all’esercizio della delega nel «rispetto dei princípi sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212». Statuto che, a sua volta, come ricordato, prevede, all’art. 10, comma 3, ultimo periodo, che «Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto»: con l’ovvia conseguenza che, tanto più, la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non può legittimare (come sarebbe nella specie) addirittura una novazione – per factum principis – quanto a canone e a durata."
NOTA
Norme dichiarate illegittime
(articolo 3, commi 8 e
9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23)
8. Ai
contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati,
che, ricorrendone i presupposti,
non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la
seguente disciplina:
a) la durata
della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della
registrazione, volontaria o d'ufficio;
b) al
rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998;
c) a
decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura
pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno,
in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo
per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone
inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.
9. Le
disposizioni di cui all'articolo
1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo
si applicano anche ai casi in cui:
a) nel
contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a
quello effettivo;
b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.
(Fonte: Casemagazine Torino 31-03-2014)
(Fonte: Casemagazine Torino 31-03-2014)
P Rispetta l'ambiente: se non ti è necessario, non stampare questa pagina.