L'email fa piena prova se non disconosciuta
Con l’ordinanza del 14 maggio 2018, la Cassazione ha rammentato che, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. p), d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale), la e-mail costituisce un “documento informatico”, ovvero un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.
Affermano i giudici di legittimità che “L'e-mail, pertanto, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall'art. 2712 c.c., e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (v. anche Cass. 24/11/2005, n. 24814)”, come avvenuto nel caso posto all’esame della Suprema Corte in cui la debitrice si era impegnata, rispondendo con altra mail a quella inviatale dal creditore, a rientrare dalla propria esposizione debitoria, che veniva ivi espressamente quantificata, così provando l'esistenza del rapporto contrattuale nonché verificando l'importo del credito azionato col decreto ingiuntivo. Ad avviso del giudice a quo, la documentazione informatica acquisita avrebbe reso superflue le ulteriori deduzioni istruttorie per prova testimoniale della debitrice opponente a decreto ingiuntivo, con ricorso per Cassazione cha ha confermato il giudizio di merito.
Tale principio può, pertanto, trovare corretta applicazione anche nel rapporto che si viene ad instaurare con le parti dell’affare mediato, senza dover, pertanto, fare ricorso a particolari mezzi di comunicazione elettronica quali la posta elettronica certificata (pec), della quale non tutti i clienti ovviamente dispongono. Occorre però provare non solo l’avvenuta ricezione da parte del destinatario, ma che questi abbia dato riscontro con altra comunicazione effettuata con il medesimo mezzo di trasmissione e “non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime”, ossia, ad esempio, per quanto attiene al venditore, sostenere di non aver manifestato volontà di accettare la proposta comunicatagli dal mediatore ovvero, con riguardo al proponente, di non aver ricevuto comunicazione dell’accettazione della proposta irrevocabile nel termine indicato, sebbene a questo abbia provveduto diligentemente il mediatore in qualità di nuncius.
dott. Michele Pizzullo
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