NULLITA’ DEGLI ATTI DI TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETA’ DEGLI IMMOBILI
L’art. 46 del Testo Unico
dell’edilizia del 2001 dispone che gli atti tra vivi aventi ad oggetto il
trasferimento, la costituzione, o lo scioglimento della comunione di diritti
reali, relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere
stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli
estremi del permesso di costruire.
Sul tema si sono formati due
orientamenti della giurisprudenza che si sono rivelati tra di loro contrastanti:
- nel primo caso (“nullità formale”) la nullità in questione assume rilievo formale e dunque l’atto traslativo dell’immobile sarà nullo in caso di mancata indicazione degli estremi del titolo abilitativo a prescindere dalla conformità del progetto realizzato al titolo menzionato in atto;
- nel secondo caso (“nullità sostanziale”) invece non sarebbe sufficiente per la validità dell’atto la semplice menzione nell’atto del titolo abilitativo dell’immobile, se nella realtà la situazione fosse irregolare e quindi non ci fosse conformità tra progetto realizzato e titolo relativo.
Sul tema sono state chiamate a
esprimersi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 8230
del 22 marzo 2019, hanno affermato che la nullità va ricondotta sotto il
profilo dell’orientamento formale, e quindi deve essere volta a sanzionare la
mancata inclusione degli estremi del titolo abilitativo nell’atto dispositivo
dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere
riferibile proprio a quell’immobile.
Con questo principio la Corte
ha voluto semplificare la disciplina della commerciabilità dell’immobile,
poiché l’orientamento sostanzialista rappresentava, a suo dire, un ostacolo
alla circolazione degli immobili e dunque alla compravendita, perché avrebbe
costretto a pena di nullità ad accertare la regolarità urbanistica
dell’immobile, ossia la conformità reale del titolo abilitativo indicato al
costruito, al fine di garantire la commerciabilità e dunque la validità della
vicenda traslativa.
Inoltre, secondo la Corte la
tesi formale della nullità eviterebbe problemi interpretativi sul livello di
difformità del costruito rispetto al progetto licenziato nel titolo
abilitativo, evitando di andare ad accertare ogni volta se il grado di
variazione della costruzione fosse essenziale o non essenziale rispetto al contenuto
del titolo indicato.
In definitiva alla luce del
principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite, un atto di trasferimento di
un immobile è nullo solo se il venditore non menziona il titolo in forza del
quale è stato costruito l’immobile o se il venditore dichiari che l’immobile è
stato costruito in forza di un titolo abilitativo che poi si riveli inesistente
o riferito ad un immobile diverso da quello venduto.
Nessuna
rilevanza, ai fini della declaratoria di nullità dell’atto di trasferimento, avrà
invece la conformità del bene realizzato a quanto contenuto nel titolo
abilitativo, restando tuttavia valide ed operanti in tal caso, le altre azioni
(risoluzione del contratto, risarcimento dei danni, riduzione del prezzo, ecc.)
a tutela dei diritti della parte acquirente.
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